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domenica 11 settembre 2011

Jim Carroll (1/8/1949 - 11/9/2009)

Sempre di ritorno nelle strade, devastate e bagnate,
affaticate dalla stanchezza del centro, tardo pomeriggio
quando i furbi pedoni incanalano il flusso dei taxi
o si voltano verso il cielo per staccarsi parole bagnate
dalle palpebre.

Gli sconosciuti dai capelli unti sono soliti
strangolare scolarette a queste ore riflesse.
E i contorni ombreggiati sono logori e la luce è trainata
da autobus e lo sballo è intanto nella precipitosa altezza
dei palazzi federali più in basso. Guardo quest’isola
dove anch’io sono nato e ho trascorso la giovinezza a
camminare, non a destarmi.

Camminando sul grigio sul verde in Central Park portavo
jeans squarciati e una maglia giamaicana azzurra e gialla
con il cappuccio e molti bottoni rossi che non mi
apparteneva.

***

Alcuni detective dagli abiti sciupati strisciano alla mia
porta.
Mi hanno detto che Eddie è morto all’incrocio fra
Lexington e la 103rd

pugnalato alla giugulare a mezzogiorno
fuori da due porte automatiche d’ospedale.

Spesso girava per East Harlem dopo il calare del buio,
fatto
di rosse, chiamando l’uomo nero. Prima che il lenzuolo
calasse

sui suoi occhi ha preso l’infermiera per il polso
per controllare che il sangue fosse vero, ha firmato un
ultimo foglio

per donare correttamente i suoi occhi.

E io ti rendo omaggio, fratello mio.

***

Grosse vene sul dorso del mio avambraccio,
come la corda di un acrobata,
sono giunte di nuovo in superficie

come una linea di demarcazione
fra campi di battaglia
che vacillano facilmente ma con poco dolore
attraverso questo flusso di angoscia fra luce e buio

presente e futuro cenere e fulgida fiamma.

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