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venerdì 21 ottobre 2011

Pietro Aretino (1492 - 21/10/1556)

Mettimi un dito in cul, caro vecchione,
e spinge il cazzo dentro a poco a poco;
alza ben questa gamba a far buon gioco,
poi mena senza far reputazione.
Che, per mia fé! quest'è il miglior boccone
che mangiar il pan unto appresso al foco;
e s'in potta ti spiace, muta luoco,
ch'uomo non è chi non è buggiarone.

- In potta io v'el farò per questa fiata,
in cul quest'altra, e in potta e in culo il cazzo
mi farà lieto, e voi farà beata.

E chi vuol essre gran maestro è pazzo
ch'è proprio un uccel perde giornata,
chi d'altro che di fotter ha sollazzo.

E crepi in un palazzo,
ser cortigiano, e spetti ch'il tal muoja:
ch'io per me spero sol trarmi la foja.


E saria pur una coglioneria
sendo in voglia mia fottervi adesso,
avervi col cazzo nella potta messo,
del cul non mi facendo carestia.
Finisca in me la mia genealogia!
Ch'io vo' fottervi dietro, spesso, spesso,
poiché gli è più differente il tondo dal fesso
che l'acquata dalla malvasia.

- Fottimi e fa di me ciò che tu vuoi,
in potta, in cul, ch'io me ne curo poco
dove che tu ci facci i fatti tuoi.

Ch'io per me nella potta, in culo ho il foco,
e quanti cazzi han muli, asini e buoi
non scemeriano nella mia foia in poco.

Poi saresti in dapoco
a farmelo all'antica tra le cosse,
ch'anch'io dietro il faria, se uomo fosse.

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