Powered By Blogger

martedì 27 marzo 2012

Il poeta del giorno: HEINRICH HEINE

Heinrich Heine nasce il 13 Dicembre 1797 a Dusseldorf da una stimata famiglia di commercianti e banchieri ebrei. Il padre è un commerciante di stoffe molto a contatto con le fabbriche inglesi, la madre invece appartiene ad una illustre famiglia olandese. I primi rudimenti di cultura li ha proprio dalla madre Betty che, nel 1807, lo iscrive al Liceo cattolico di Dusseldorf retto dai Padri Gesuiti, dove rimane fino al 1815. La scuola è per lui un supplizio. Oltretutto, le materie vengono insegnate non solo in tedesco, ma anche in francese, particolare che lo rende ancora più inquieto, data la sua scarsa dimestichezza con le lingue e il loro apprendimento (ma le alterne vicende della dominazione francese nella sua città risvegliarono in lui precoci tendenze francofile e una profonda antipatia per la Prussia). 
Nel 1816 arriva il primo amore: la bionda figlia del presidente della corte d'appello di Dusseldorf che conosce all'accademia letteraria di fine anno. 
Terminato il liceo, Heinrich rimane a lungo indeciso sulla scelta della facoltà universitaria. Il padre lo invia allora a Francoforte, con lo scopo di fare pratica presso il banchiere Rindskopf, per poi passare ad Amburgo presso suo fratello Salomon (cosa che avviene nel '17). 
Uno dei motivi che spinge il giovane Heinrich a trasferirsi e ad accettare la proposta dello zio è la certezza che in questo modo avrebbe rivisto Amalie, una sua cugina, che sarà poi la sua Laura, la divina ispiratrice delle sue poesie migliori. Purtroppo, però, la dolce fanciulla non ne vuole sapere, e così anche l'altra cugina, Therese. Sempre nel 1817 Heine pubblica le sue prime poesie per la rivista "Hamburgs Watcher". 
Lo zio Salomon apre per lui un negozio di stoffe e un'agenzia bancaria per dargli una sistemazione dignitosa. Ma Heine ha in mente solo Amalie, e la bancarotta non tarda ad arrivare. Eccolo dunque, poco dopo, fare ritorno a Dusseldorf. L'11 Dicembre 1819 si immatricola alla facoltà di Diritto dell'Università di Bonn. Lì ha modo di stringere amicizie intense durate poi per tutta la vita ed ha anche la possibilità di seguire le lezioni di letteratura di A. W. Schlegel. È per suggerimento di questo grande maestro che scrive il suo primo saggio critico intitolato "Die Romantik". 
L'anno seguente lascia l'Università di Bonn e si iscrive a quella di Gottinga. L'anno dopo lascia Gotinga e si iscrive a Berlino. Qui segue i corsi filosofici di Hegel e diventa il "poeta prediletto" della intellighentia germanica. Il 1821 è un anno a doppia faccia per Heine: da un lato muore l'amato Napoleone Bonaparte, che lui esalterà nel "Buch Legrand", ma dall'altro riesce finalmente a sposare Amelie. Nel frattempo, sul piano letterario, la lettura di Shakespeare lo spinge verso il teatro. Scrive due tragedie e nello stesso periodo esce anche una raccolta di 66 brevi Lieder. 
Nel 1824 lascia Berlino per Gottinga, dove porta a termine gli esami e si accinge a preparare la tesi di laurea in diritto (si laurea nel '25 con ottimi risultati). Questo è anche l'anno della sua conversione dall'ebraismo al protestantesimo. Ricevuti da uno zio cinquanta luigi d'oro trascorre un periodo di vacanza a Norderney, soggiorno che gli detterà il ciclo di poesie "Nordsee", che pubblicherà l'anno seguente. Nell'ottobre 1827 ottiene il suo più grande successo letterario con la pubblicazione del "Buch der Lieder" (il celebre "Libro dei canti"). Nel 1828 è in Italia. 
I suoi scritti satirici e soprattutto la sua adesione al sansimonismo innervosiscono la "gran caserma prussiana" a tal punto che Heine, nel 1831, sceglie il volontario esilio in Francia. A Parigi viene accolto con ammirazione e diventa presto assiduo frequentatore dei salotti letterari della capitale, dove frequentò la comunità di tedeschi qui immigrati, come Humboldt , Lasalle e Wagner; ma anche gli intellettuali francesi come BalzacHugo e George Sand. 
Nel 1834 visita la Normandia, ad ottobre conosce Mathilde Mirat e la sposa nel 1841. Escono intanto alcuni saggi critici e qualche raccolta poetica. Negli anni successivi viaggia molto, ma l'ispirazione è assai assente. Visita talvolta anche il malato zio Salomon in Germania. 
Il 22 febbraio 1848 scoppia a Parigi la rivoluzione e il poeta si trova coinvolto in prima persona nei numerosi combattimenti che si svolgevano nelle strade. Purtroppo, poco dopo questi fatti, iniziano le acutissime fitte che alla spina dorsale che segnano l'inizio del calvario che lo porterà nel giro di otto anni alla paralisi e alla morte. Si trattava in realtà di un'atrofia muscolare progressiva, che lo costringeva inesorabilmente a stare seduto su di un letto. Ciò non gli impedisce di pubblicare, nel '51, "Romancero" (in cui sono descritte le atroci sofferenze della malattia), e di riunire nel '54 in volume (poi intitolato "Lutetia"), gli articoli di politica, arte e vita, scritti a Parigi. 
Lo stanco poeta è vicino alla fine. Nell'estate del 1855 il suo spirito ed il suo fisico ricevono un valido conforto dalla giovane tedesca Elise Krienitz (chiamata affettuosamente Mouche) e alla quale indirizzerà le sue ultime poesie. Il 17 Febbraio 1856 il suo cuore cessa di battere. 
Indubbiamente grande e intenso poeta, la fortuna critica che ha incontrato l'opera di Heine dopo la sua morte è oscillante. Mentre per alcuni fu il maggior poeta tedesco del periodo di transizione tra romanticismo e realismo, per altri (e si vedano i grandi critici moderato-borghesi come Karl Kraus o Benedetto Croce) il giudizio è negativo. Nietzsche invece gli riconosce un ruolo di precursore, mentre Brecht ne apprezzò le idee progressiste. Il suo "Libro dei canti" possiede comunque straordinaria lievità e levigatezza formale, è una delle opere più diffuse e tradotte della produzione tedesca. Ma il segno più originale dei versi di Heine sta nell'uso ironico del materiale romantico, nella tensione verso la poesia e, insieme, nel moto opposto, volto a negare ogni sentimentalismo, nella consapevolezza che i nuovi tempi esigono anzitutto una lucida e realistica razionalità.


OH NON GIURARE
Oh non giurare e dammi sol dei baci; 
non credo al giuro di una donna:taci! 
Dolce è la tua parola, ma più assai 
il bacio che dal labbro ti strappai! 
Nel bacio io credo, il bacio che m’hai dato; 
la parola è soltanto un vano fiato. 
Oh giura, mia diletta, quanto vuoi; 
io credo in tutto ai giuramenti tuoi! 
E se la testa affonda nel tuo seno, 
credo allora che son felice appieno; 
credo allora, diletta mia, che tu 
m’ami in eterno, e forse anche di più. 


I tre santi Re Magi dall'Oriente

I tre santi Re Magi dall'Oriente
Chisedono in ogni piccola città:
"Cari ragazzi e giovinette, dite,
la strada per Betlemme è per di qua? "
Ma i giovani ed i vecchi non lo sanno
E i tre Re Magi sempre avanti vanno;
ma una cometa d'oro li conduce
che lassù chiara e amabile riluce.
La stella sulla casa di Giuseppe
Ecco s'arresta: là devono entrare.
Il bovetto muggisce, il bimbo strilla,
e i tre Re Magi prendono a cantare.


Nessun commento:

Posta un commento