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venerdì 23 marzo 2012

Il poeta del giorno: JAROSLAV SEIFERT

Nato a Praga nel 1901 (morto nel 1986), esordì con raccolte di liriche nello spirito della poesia proletaria con La città in lacrime (1921), Nient'altro che amore (1923). Divenne poi prestigioso interprete del poetismo con Sulle onde del telegrafo senza fili (1925), L'usignolo canta male (1926), Colombo viaggiatore (1929).
Le tragiche vicende della guerra e l'occupazione nazista ispirarono le liriche de L'elmo d'argilla (1946). Allo sconforto di quegli anni Seifert ha reagito con la fede nei valori della tradizione in Il ventaglio di Bozena Nemcová (1940), e soprattutto con caldi accenti di amore per la terra natia, che si vestono di sottili suggestioni musicali e pittoriche nella splendida serie di liriche dedicata a Praga: Vestita dalla luce (1940), Il ponte di pietra (1944).
Della produzione postbellica, sempre più orientata verso un ideale di plasticità espressiva e verso una tematica filosofica dove si intrecciano amore e morte, si ricordano: Mamma (1954), Il concerto sull'isola (1956), La colata delle campane (1967), Rondò amorosi (1969), Il ponte di Elisabetta (1970), La colonna della peste e altri versi (1977).
Nel 1984 ha avuto il nobel. Queste le motivazioni del premio: "for his poetry which endowed with freshness, sensuality and rich inventiveness provides a liberating image of the indomitable spirit and versatility of man".


Ho veduto solo una volta

Ho veduto solo una volta
un sole così insanguinato.
E poi mai più.
Scendeva funesto sull'orizzonte
e sembrava
che qualcuno avesse sfondato la porta
dell'inferno.
Ho domandato alla specola
e ora so il perché.
L'inferno lo conosciamo, è dappertutto
e cammina su due gambe.
Ma il paradiso?
Può darsi che il paradiso non sia
null'altro
che un sorriso
atteso per lungo tempo,
e labbra
che bisbigliano il nostro nome.
E poi quel breve vertiginoso momento
quando ci è concesso di dimenticare
velocemente
quell'inferno.

Rondò di primavera

Tu devi credermi, io sarei felice
se sorrisi mandassero i tuoi occhi
quando stasera dovrai ricucire
ciò che le mie mani ti hanno strappato.
Quelle mani che finora io sentivo
essere vuote senza i tuoi seni.
Tu devi credermi, io sarei felice
se sorrisi mandassero i tuoi occhi.
Quando poi starai per addormentarti,
il tuo sonno sia come quello di un re
che ha riconquistato il proprio castello
svettante sulla cima di una rupe.
Tu devi credermi, io sarei felice
se sorrisi mandassero i tuoi occhi.

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