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domenica 15 aprile 2012

Il poeta del giorno: GUSTAVO ADOLFO BÉCQUER

Poeta spagnolo nato a Siviglia il 17 Febbraio 1836 e morto a Madrid il 22 Dicembre 1870. Naturalmente predisposto alla malinconia la sua esistenza fu funestata da continui lutti ed avversità. Figlio di un famoso pittore sivigliano, rimase orfano a poco più di dieci anni e venne allevato dalla zia assieme al fratello Valeriano. Trasferitosi a Madrid nel 1854 lavorò presso la redazione de "El contemporaneo" (1860-1864). Assieme al fratello, pittore, viaggiò nelle principali città spagnole e scrisse una popolare Historia de los templos de Espana. Nel 1870 fu nominato direttore de La Ilustracion de Madrid ma morì pochi mesi dopo.
L'opera a cui deve la propria popolarità è il volume Rimas (1860-61), che contiene settantasei composioni . Tra le più famose Volveran las oscuras golondrinas, Cerraron sus ojos e No digais que agotado su tesoro.
Poesie che assomigliano più alle ballate settentrionali che alle tradizionali poesie sivigliane. Semplice nell'espressione, limpido e spontaneo, le sue opere colpiscono per l'intimo dramma di amore e di dolore che ispirano.
Ha lasciato anche una raccolta di diciotto leggende, notevoli per la forza poetica ed immaginativa e l'amore per le tradizioni popolari (tra le più note: La mujer de piedra, Maese Perez el organista, El rajo de luna).
Nel 1911, per iniziativa dei fratelli Quintero gli venne innalzato un monumento nella nativa Siviglia.
Le sue opere complete furono pubblicate postume nel 1871 a cura di Ramon Rodriguez Correa.
Di lui hanno scritto i fratelli Quintero: tutta la sua poesia è luce di luna.

Io so un inno immenso e strano
Io so un inno immenso e strano
che annuncia nelle notti dell'anima un'aurora,
e queste pagine sono di quell'inno
cadenze che l'aria dilata nell'ombra.

Io vorrei scriverlo, dell'uomo
dominando la ribelle, meschina lingua,
con parole che fossero ad un tempo
sospiri e risate, colori e musica.

Ma è inutile lottare; non c'è scrittura
che possa racchiuderlo, e a malapensa - oh mia bella! -
tenendo fra le mie mani le tue,
potrei, all'orecchio, cantarlo a te sola.



Tu eri l'uragano e io l'alta torre

Tu eri l'uragano e io l'alta torre che sfida il suo potere:
dovevi schiantarti o abbattermi...
Non è potuto essere!
Tu eri l'Oceano e io la eretta roccia
che salda attende il suo ondeggiare:
dovevi rifrangerti o sradicarmi!
Non è potuto essere!
Bella tu, io altero;
abituati l'una a travolgere, l'altro a non cedere;
il sentiero stretto, inevitabile lo scontro...
Non è potuto essere!


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