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venerdì 18 maggio 2012

Il poeta del giorno: PAUL CELAN


Paul Celan (originariamente Paul Antschel), nacque a Czernowitz il 23 novembre 1920.
Nel 1938 studió medicina in Francia, successivamente letteratura a Czernowitz. I suoi genitori finirono nel 1942 in un campo di concentramento: il padre morì di tifo, la madre fu uccisa con un colpo alla nuca.
Lo stesso Celan fu internato in un campo di concentramento dal 1941 al 1943. Poté però evitare la morte, ed essere utile presso le truppe sovietiche come infermiere. Dal 1945 lavorò come lettore e traduttore a Bucarest. In questo periodo conobbe Rose Ausländer e pubblicò la sua prima poesia sulla rivista "Agora".
Nel 1947, Celan emigrò dalla Romania a Parigi dove prestò la sua opera come lettore di tedesco all' École Normale Supérieure. I questo periodo tradusse in tedesco lavori di Arthur Rimbaud, Aleksandr Blok, Ossip Mandelstam, Sergej Jessenin e William Shakespeare e cambiò il suo nome da Antschel a Celan.
Dal 1948 furono pubblicati i suoi testi poetici: "Der Sand aus den Urnen" (1948), "Mohn und Gedächtnis" (1952), "Die Niemandsrose" (1963), "Atemwende" (1967), "Fadensonnen"(1968), "Lichtzwang" (1970), "Scheepart" (1971), "Zeitgehöft" (1976) e il testo in prosa "Der Meridian" (1961).
Celan venne considerato uno scrittore eccellente e fu insignito con i seguenti premi letterari: Freie Hansestadt Bremen nel 1958, Georg Büchner Preis nel 1960 e Großer Kunstpreis del Nordrhein-Westfalen.
Attorno al 20 aprile del 1970 Celan si suicidò.


CON ALTERNA CHIAVE
Con alterna chiave
tu schiudi la casa dove
la neve volteggia delle cose taciute.
A seconda del sangue che ti sprizza
da occhio, bocca ed orecchio
varia la tua chiave.
Varia la tua chiave, varia la parola
cui è concesso volteggiare coi fiocchi.
A seconda del vento che via ti spinge
s'aggruma attorno alla parola la neve.

CORONA
L'autunno mi bruca dalla mano la sua foglia: siamo amici.
Noi sgusciamo il tempo dalle noci e gli apprendiamo a camminare:
lui ritorna nel guscio.
Nello specchio è domenica,
nel sogno si dorme,
la bocca fa profezia.
Il mio occhio scende al sesso dell'amata:
noi ci guardiamo,
noi ci diciamo cose oscure,
noi ci amiamo come papavero e memoria,
noi dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel raggio sanguigno della luna.
Noi stiamo allacciati alla finestra, dalla strada ci guardano:
è tempo che si sappia!
E' tempo che la pietra accetti di fiorire,
che l'affanno abbia un cuore che batte.
E' tempo che sia tempo.
E' tempo.

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